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Il Teatro dell’Aquila di Fermo

Nelle Marche esisteva, fin dal sec. XVI, una buona tradizione teatrale che è maturata qualitativamente tra la fine del 1700 ed i primi anni del 1800 con l’edificazione di strutture teatrali di varia misura e scala che hanno contribuito allo sviluppo di una vera tradizione architettonica. Il Teatro rappresentava lo “status symbol” della società del tempo in quanto luogo di ritrovo non solo dell’aristocrazia e dei ceti emergenti, ma di tutto il popolo.

Nell’ultimo trentennio del 1700 anche Fermo, che possedeva sotto la formula del teatro condominiale una piccola struttura nella “Sala Grande” del Palazzo dei Priori, identifica la necessità di costruire un Teatro con struttura architettonica idonea.

I cittadini fermani parteciparono con molto interesse alla lunga e piena di imprevisti costruzione del “nuovo Teatro dell’Aquila”. Nel 1774 il Consiglio di Cernita decise di individuare un sito idoneo per la struttura teatrale.

Il luogo individuato era situato “di fianco alla strada gironale, e precisamente il semipiano alla parte di mezzo giorno, passato il Palazzo Apostolico del Governo”, come cita il verbale del Consiglio di Cernita, (l’attuale Via Mazzini). Questa scelta condizionò lo sviluppo della struttura architettonica originaria con il lato lungo del Teatro che si affaccia sulla via lasciando indefinite le facciate laterali.

La struttura originaria della fabbrica teatrale fu realizzata tra il 1780 ed il 1790 dal capomastro Luigi Paglialunga, con un progetto di Cosimo Morelli. I disegni originali non sono più reperibili ma i resoconti economici e le perizie descrittive dei lavori fanno riferimento alle sue cartografie di progetto. L’impianto della struttura teatrale presenta una forte somiglianza con il disegno del Teatro dei Cavalieri Associati di Imola, lavoro dell’Architetto Morelli.

L’iniziale impianto teatrale rispettava i canoni del teatro settecentesco con sala a pianta ellittica, 105 palchetti a fascia e palcoscenico tripartito come attestano i disegni non autografi conservati presso la Biblioteca Comunale. Nella pianta sono disegnate anche le due così dette “fabbriche annesse” al teatro, una detta “della Nobiltà” che doveva contenere anche l’androne di ingresso, prevista verso il Palazzo del Governo, e l’altra detta “dei Musici” da realizzarsi nel lato rivolto verso il Girfalco.

I lavori di edificazione della struttura teatrale, furono spesso interrotti sia per motivi di ordine economico sia per le notevoli discordanze sorte in merito alla realizzazione dell’edificio. In quel luogo era contenuto l’androne del teatro nel lato che guarda il Palazzo Apostolico, in cui si trovava anche il vecchio torrione, resto delle mura di fortificazione del Girfalco.

La struttura teatrale fu realizzata da Luigi Paglialunga nell’arco di un decennio (1781/1791), mentre i lavori di finitura interna del teatro furono realizzati tra il 1788 ed il 1790 dal pittore Vincenzo Mazza, mentre i macchinismi di scena furono opera di Antonio Pizzoli entrambi collaboratori abituali dell’Architetto Cosimo Morelli.

Dei decori originali settecenteschi della Sala non è rimasta più traccia. Dai documenti dell’epoca si precisa che dovevano essere realizzati “in pittura e non in rilievo” e si può dedurre che essi fossero in “finta marmittura” come era uso nei teatri dell’epoca.

Il 26 settembre 1790 fu effettuata la prima rappresentazione “per eseguire un saggio del nostro Teatro dell’Aquila per ciò che riguarda il meccanismo e la pittura giunta al sospirato compimento e per provare l’illuminazione”.

L’inaugurazione ufficiale è dell’agosto del 1791 con la rappresentazione del dramma “La distruzione di Gerusalemme” di Giuseppe Giordani.

Nel 1791 i lavori non erano completamente ultimati; della “fabbrica della Nobiltà” era stato realizzato solo il piano terra, l’edificazione dei due piani sovrastanti e la settecentesca scala di collegamento che possiamo ancora ammirare, completati tra il 1791 e il 1793 dal progettista Paglialunga come attestano i disegni conservati presso l’Archivio di Stato di Fermo. L’edificio fu utilizzato, fin dalla nascita, per diversi scopi. Fu infatti affittato nel novembre 1793 dall’Avvocato Vincenzo Falcone che lo utilizzò come propria residenza. Tuttavia aveva l’obbligo di lasciare libere le sale del primo piano durante le rappresentazioni.

Nel 1793 fu ultimata al suo interno anche la “fabbrica dei Musici” e nel settembre dello stesso anno fu compilato un contratto di affitto a Candido e Giò Battista Germani. Il contratto era vincolato alla loro funzione di custodi e all’obbligo di lasciare ad uso del teatro quei vani ed ingressi utilizzati dai musici.

Fin dall’inaugurazione del Teatro non vi era un completo gradimento da parte dei condomini. Questo rese necessario effettuare dei cambiamenti sostanziali al palcoscenico quali la riduzione della scena da “tre bocche” ad “una bocca”, e di completare opere quali la pittura delle scene e le finiture interne della Sala.

Dopo la stagione del carnevale del 1792, il teatro venne chiuso, riaperto al pubblico solo per il carnevale del 1796 per poi restare inutilizzato fino al 1800.

Tra il 1796 e il 1798 vennero realizzate dall’Architetto Giuseppe Lucatelli modifiche alla bocca d’opera, al palcoscenico e alcune opere di finitura interna quale la decorazione pittorica del “volto” e di alcune scene. L’aggiunta di altri venti palchi non fu mai concretizzata per problemi di salute del progettista.

Il teatro fu riaperto al pubblico nel 1800 e fu utilizzato per rappresentazioni teatrali e per la celebrazione delle festività del carnevale fino al 1826.

Nella notte tra il 23 e 24 gennaio del 1826 un’incendio danneggiò un lato della Sala dal pavimento della platea fino alla copertura compromettendo la stabilità di otto palchi vicini al secondo e terzo ordine, di una parte del perimetro della platea, del “volto” e di una parte del tetto.

Per riparare i danni tra il 1826 e il 1830 furono effettuati sostanziali lavori di restauro e di rinnovamento delle finiture interne sotto la direzione dell’ing. Dassi.

L’attuale forma della sala, con 124 palchi, proscenio e palcoscenico ad una bocca, è il risultato della trasformazione avvenuta in quegli anni su proposta progettuale dell’architetto Giuseppe Ghinelli autore del “Teatro delle Muse” di Ancona e del “Rossini” di Pesaro.

In questa occasione vennero fatte delle modifiche: viene rifatta buona parte del tetto, ribassato il “volto”, divisi con setti murari, consolidati i palchi, rifatti i decori, le cornici, gli stucchi, dipinta la bocca d’opera e le quinte, abbassato il pavimento della platea, sistemato l’impianto di illuminazione.

Il piano della platea fu abbassato di circa 50 cm. ed il pavimento leggermente inclinato fu realizzato con mattoni “alla rustica”, sotto il palcoscenico venne effettuato uno sterramento di 180 cm. per migliorare l’acustica.

I lavori di rifinitura decorativa del parapetti dei palchi comprendenti i decori a rilievo trattati “a mecca”, le ”marmiture” e tutti i “coloriti”, furono realizzate dal pittore Biagio Baglioni di Macerata tra il dicembre del 1827 e l’agosto del 1828.

È del 1828 la realizzazione della pittura a tempera del volto, raffinata opera figurativa di Luigi Cochetti.

Nel 1830 fu acquistato a Parigi il lampadario a 56 bracci in ferro dorato e foglie lignee alimentato originariamente a carburo che è stato recentemente restaurato.

In quegli anni quindi la struttura al suo interno assunse quelle caratteristiche stilistiche ottocentesche che possiamo ancora ammirare.

Il più consistente restauro dell’interno della struttura teatrale, fu effettuato intorno agli anni 1876/1878, sotto la guida dell’Ing. Pietro Dasti, tecnico comunale, del conte Guglielmo Vinci e dell’Ing. Michele Bernetti capicondomini; riprende e rinnova le pitture e le decorazioni della Sala, restaura la pittura del volto, rifà gli arredi e le finiture dell’interno dei palchi. La perizia descrittiva relativa ai suddetti lavori, è conservata presso l’Archivio di Stato di Fermo.  Con questo ultimo intervento vengono aggiunti o sostituiti alcuni elementi decorativi come le figure zoomorfe in cartapesta, le rosette nelle intersezioni delle greche, rifatte le dorature delle gole, dei pilastri, dei capitelli, della porta d’ingresso, dei rosoni e delle trecce della bocca d’opera. Vengono rifiniti anche gli interni dei palchi, a pittura gli ordini superiori e con carta da parati moiré rosso gli ordini inferiori.

Con questo ultimo sostanziale intervento la Sala assume le caratteristiche stilistico-decorative che abbiamo ancora oggi.

Gli interventi realizzati nel sec. XX hanno, risolto problemi statici (1920/1926 e 1961/1966), migliorato e aggiornato gli impianti (elettrico 1903/1914, anti incendio 1941, riscaldamento a vapore 1909), adeguato i sistemi di sicurezza, effettuato modifiche distributive e opere di manutenzione ordinaria.

Tutti gli interventi di manutenzione dell’impianto stilistico-decorativo che si sono succeduti sono stati conservativi ma non sempre rispettosi delle tecniche di intervento,  dell’aspetto pittorico e che hanno modificato l’impatto cromatico generale della Sala.

L’edificio del Teatro, quindi, fin dalla sua apertura al pubblico, ha subito molti ritocchi, piccoli restauri, modifiche strutturali e funzionali, alternate da interventi consistenti sul piano strutturale e formale.

Le difficoltà economiche, le vicende burocratiche che accompagnano l’approvazione di ogni lavoro, i continui ripensamenti, cambiamenti di incarico, i numerosi lavori “arrangiati” per l’urgenza, hanno comportato spesso interventi poco rispettosi delle caratteristiche dell’edificio.

Per tutti questi motivi nel 1984 il teatro viene di nuovo chiuso.

Inizia così un nuovo intervento globale di restauro della struttura che si è protratto fino all’8 marzo 1997 giorno della riapertura ufficiale del Teatro dell’Aquila.